venerdì 29 dicembre 2023
Ci vediamo a DeFe
lunedì 25 dicembre 2023
La tradizione è la custodia del fuoco non l'adorazione della cenere
500 anni fa, esattamente nel 1523 a Bergamo, un pittore riceve l'incarico di dipingere una natività, lo farà magistralmente, usando una tavola lignea di 50x40 cm, su cui rappresenterà, all'uso della sua epoca, Maria e Giuseppe in abiti rinascimentali inserendoli in quello che si pensava fosse il paesaggio in cui nacque Gesù. Nel quadro ci sono moltissimi simboli interessanti, tipo la firma del pittore su una pialla da falegname, una bisaccia che preannuncia la fuga in Egitto, ma la curiosità maggiore è quel crocifisso alle spalle della culla, un distopico spoiler di ciò che sarebbe accaduto trentatré anni dopo.
Questo piccolo quadro è ricco di rimandi simbolici, che testimoniano due cose, la profonda conoscenza della Bibbia da parte dell'artista, ma anche il desiderio del committente di avere un'opera all'altezza della propria cultura. Tutti questi intrecci sono una sorta di meme, il quotidiano ricordo di un messaggio di speranza, che non è solo quella fanfaronata dai preti di ogni epoca per far cassa. A guardar bene c'è di più, qualcosa che non è fede bigotta, ma fiducia in se stessi e nelle proprie capacità di vivere nel mondo con armonia. E cos'altro potrebbe evocare questa immagine, con una simbologia talmente evidente da renderla emblematica. Insomma vederci solo la classica natività è quasi una bestemmia.
venerdì 22 dicembre 2023
Fino a che punto i buoni riflessi portano all'omicidio premeditato?
domenica 17 dicembre 2023
Non è mai troppo tardi per andare oltre (*)
Non sarà forse che le cose non sono poi così tanto cambiate da allora?
L’assenza in Italia di un processo simile a quello di Norimberga, la censura iconografica ad opera della Rai di quanto accaduto nei campi di concentramento e lo stesso lucchetto intoccabile di palazzo Venezia, dimostrano la paura di rinvangare e conseguentemente accettare il passato.
La scelta di non andare a votare riduce la passione politica a una forma primordiale di tifo da stadio e conferma come gli italiani siano emozionalmente coinvolti dalle parole e dalle immagini attraverso le quali i singoli movimenti si sponsorizzano. Parole e immagini che, come ai tempi del duce, influenzano le nostre vite quotidiane in base non più a delle precise ideologie ma a delle necessità che, se non rispettate, sono matrice di dissenso.