giovedì 29 dicembre 2022

Gestire i campioni omaggio - livello di difficoltà: io speriamo che me la cavo

Diciamolo, i campioncini omaggio sono una gran scocciatura, e chi li ha inventati lo ha fatto per punizione, perché invece vorrebbero che comprassi la confezione extra-mega-magnum. Secondo me le ditte li producono apposta per esasperarti e farti comprare flacone/tubetto/scatola. Non si spiegherebbe diversamente la loro incredibile capacità di scivolare e cadere da tutte le parti, e sporcare negli interstizi più ingestibili del bagno.

Ero in erboristeria e dal fantastico mondo del cellophane la commessa mi ha immediatamente rifilato una serie di campioncini omaggio. Ne aveva un cassetto pieno ed ha pescato un po' a caso in base a quello che avevo comprato, poi ha aggiunto dello shampoo e sapone liquido ed ha cacciato tutto nel sacchetto.
Una cosa che ho notato mentre aspettavo di pagare è che oramai la gran parte dei prodotti sono finti, o meglio confezionati dall'industria, è quindi finito il tempo in cui si andava in erboristeria come dallo speziale e si accedeva al magico universo delle erbe essiccate e delle preparazioni di bottega. Oggi è come andare al supermercato, carta e cartone e tanta plastica. La cosa mi è spiaciuta perché ero rimasto ai tempi in cui ci andavo con mia nonna a prendere le tisane o altri rimedi misteriosi di cui lei era custode, ed era tutto un aprirsi di scatole, scatolette, cassettini e vasi in vetro.

mercoledì 28 dicembre 2022

La triste storia della casa del Panperduto

Dopo la curva a gomito che i vecchi in paese chiamavano curva iena, si trova la casa del Panperduto; quando fu fatta la strada c'era il ghiaietto e le gomme slittavano e bisognava andare piano per non finire nel fosso. Poi misero l'asfalto, ma continuarono a chiamarla curva iena, perché quando pioveva era come ci fosse ancora il ghiaietto.
Nella casa del Panperduto ci abitava la famiglia del Beretta; lui aveva fatto l'alpino sul Piave e lì aveva imparato a fare il pane e la focaccia per i soldati. Finito il militare gli avevano dato l'indennità, così era tornato al paese e con quei soldi aveva rimodernato la casa che gli aveva lasciato suo nonno, il vecchio Beretta, e al posto della stalla ci aveva fatto un forno per cuocere il pane e davanti la panetteria. E per vendere il pane aveva assunto la Gerina, e poi se l'era sposata. 
Con la Gerina ci aveva fatto tre figli, due maschi e una femmina, e siccome gli affari gli andavano bene, vivevano tutti nella casa dopo la curva iena, che ancora in paese la chiamavano la casa del vecchio Beretta e la strada non era asfaltata, e alla mattina presto si sentiva il profumo del pane appena sfornato.

Quando era arrivata la guerra, i figli del Beretta erano stati chiamati alla caserma ed arruolati. Così andarono al fronte che erano appena diciottenni. Vincenzino che era marinaio fu imbarcato su una cacciatorpediniera, Mario invece era alpino come il padre e fu mandato in Russia. Quando arrivavano le lettere dal fronte, il Beretta si sedeva accanto al bancone della panetteria e la Gerina gli leggeva le novità e rispondeva subito a quei figli lontani, che per vedere dov'erano serviva andare sino al municipio dove nell'aula della scuola c'era la carta geografica.
La guerra portò al paese quelli che non volevano restare in città per paura dei bombardamenti, li chiamavano gli sfollati, e tutti comperavano il pane del Beretta, perché era più buono di quello che vendevano in città. E la Gerina pensava che non era poi così male quella guerra che le portava clienti.
Siccome il Beretta faceva il pane anche per i partigiani, un giorno gli dissero che i tedeschi lo cercavano per interrogarlo. Così scappò sulle montagne e la Gerina restò da sola con la Claretta, che in quell'inverno freddo e umido si prese la poliomielite.
Alcuni mesi dopo arrivò un telegramma dal ministero della guerra, diceva che il Mario era disperso a Tambov e verso la fine della guerra un altro che diceva che Vincenzino era affogato nel mare di Tripoli.
Così il Beretta, che era nascosto sul monte assieme ai parigiani, si ammalò di crepacuore per tutte quelle disgrazie e quando tornò non era più come prima, aveva i capelli bianchi e sembrava che di stare sulle montagne gli avessero rubato l'anima ed iniziò a trascurare la casa e la panetteria.
Poi erano arrivati certi sindacalisti, a parlare ai contadini delle fabbriche che c'erano in città, e di come si poteva guadagnar bene anche nelle cattive stagioni, anche se la mucca si ammalava di tubercolosi e le galline non facevano uova. Molti erano andati in città per vedere se era vero; e quando erano tornati avevano preso le mogli per andare a vivere vicino all'acciaieria in riva al mare, e delle case lasciate al paese non importava a nessuno. perché quelle di città erano più comode.

In paese rimasero in pochi ed ogni sera il Beretta, portava a casa il pane avanzato, e la Gerina si lamentava che preferiva i soldi e non quel pane perduto che diventava pòssoed era buono solo per le galline. Così in paese iniziarono a chiamarla la casa del pane perduto, invece della casa del vecchio Beretta. E lui si doleva di quella figlia zoppa e senza dote, che non l'avrebbe maritata con nessuno e quando morì, la Gerina la mandò in collegio dalle suore.

La Claretta finiti gli studi rimase a vivere in città e diventò maestra di scuola. Così la Gerina restò da sola in quella grande casa, a spolverare ricordi e badare alla memoria dei suoi cari che la guerra le aveva portato via, e quando divenne troppo vecchia se ne andò anche lei a vivere in città con la Claretta. Cadde così il silenzio nella casa del Panperduto, ed alla curva iena al mattino non si sentiva più il profumo del pane appena sfornato.
Oggi la casa del Panperduto è un rudere con il tetto sfondato, e l'edera copre quasi tutti i muri, perfino dentro. Nessuno si ricorda della Claretta, che non tornò mai al paese, e non si sa bene di chi sia quella casa. I foresti che salgono alla vetta dove c'è il rifugio alpino, ci passano davanti e la trovano romantica. Camminano con i loro bastoncini da trekking, fanno le foto con il cellulare e dicono: peccato che nessuno voglia vivere in questa bella casa in mezzo al bosco, e lo dicono sognando di abitarci per qualche giorno. Senza sapere la sua storia, senza aver conosciuto i Beretta. Non sanno nemmeno perché la casa del Panperduto fu chiamata così, loro non hanno mai sentito il profumo del pane passando dalla curva iena.

domenica 25 dicembre 2022

Moglie, ravioli e buoi dei paesi tuoi

Sono arrivate le feste e vi è venuta voglia di mangiare al ristorante?
Ebbene quando si va al ristorante, si compie un atto di fede, verso il ristoratore, nei confronti del cuoco e della qualità del cibo, nei confronti dell'igiene della cucina e delle stoviglie. La moda del delivery e del just eat impera, ma certe pratiche perdurano e spesso dietro ad un buon piatto ci sono persone senza scrupoli che per denaro o incapacità, mettono a repentaglio la salute dei loro clienti. I retroscena sono raccapriccianti, al punto che viene da chiedersi se poi non sia meglio dedicare un po' di tempo a se stessi e farsi un bel cenone in casa come vuole la tradizione. Che farà tanto povery, ma alla fine ti premia in benessere. Quindi meglio un panino con la mortadella preparato nella cucina di casa, oppure le classiche lasagne al forno, ad un gustoso piatto di ravioli al vapore consumato al ristorante (cinese in questo caso)... e buon appetito e buone feste!

La situazione narrata in questo video è tutta squisitamente parigina, ma anche l'Italia non è immune da certe pratiche, e non abbiamo nemmeno bisogno di scomodare i cinesi.

(video consigliato a stomaci forti)

giovedì 22 dicembre 2022

Coco Japan - le avventure di una giapponese a Genova

Devo ancora capire se questa tipa c'è o ci fa, ma l'amico le regge il gioco. Quindi apprezzo l'entusiasmo per la sua vita genovese.
Poi mi chiedo se ci voleva lei per insegnarci come tagliarsi le unghie? insomma non mi pare proprio un argomento da bar, ma forse in Giappone hanno altre usanze, o forse l'hanno espulsa proprio per questo, va a sapere. Se mi capita di incontrarla vi terrò informati.
In ogni caso ce la sopportiamo, che il bar di Giuse ha la miglior pasticceria siciliana della città, io ci vado spesso al sabato per un cappuccino con cannolo siciliano, ed anche se lei prende il cappuccino di soia, serve pazienza, ancora qualche anno e finirà a far colazione con focaccia e vino bianco, come i vecchi camalli del porto.

domenica 18 dicembre 2022

La rana che volle farsi bue

Il personaggio di quest'immagine è un doge di Genova, non ha molta importanza chi fosse, ma è significativo che usasse vestire di rosso, come tutti i suoi predecessori e successori, in modo che il popolo potesse riconoscerlo. Ci sarebbe da dire molto sulla caduta della Repubblica di Genova, nel 1794. Vi basti sapere che ora Genova è una città capoluogo di regione, la Liguria, e fa parte dello Stato Italiano.

Il personaggio di quest'altra immagine è il sindaco di Genova, non ha molta importanza il suo nome, ma è significativo che si sia vestito di rosso(?) forse per farsi riconoscere dai suoi concittadini durante la cerimonia del Confuego, o forse aveva freddo e la prima cosa che ha trovato nell'armadio è un vestito da doge. La domanda che mi sono fatto è stata: ma i sindaci delle altre città italiane fanno lo stesso? per esempio il sindaco di Venezia si abbiglia anche lui da doge e circola in gondola, o magari quello di Roma si traveste da imperatore per partecipare alle cerimonie cittadine? 
Ditemi se ne avete notizia, che vorrei farci un post. 

sabato 17 dicembre 2022

Dietro ad una donna arrabbiata c'è sempre un uomo che non sa cosa ha fatto

Così vuole lo stereotipo da cabaret. Ma in questo caso l'uomo, o meglio l'ometto in questione è un pargolo particolarmente capriccioso che per un quarto d'ora di viaggio in funicolare ha piantato una frigna insopportabile.

La vecchia educazione siberiana a cui buona parte degli attuali genitori è stata sottoposta avrebbe previsto un bel ceffone, ma le nuove disposizioni educative hanno permesso che l'infante fosse lasciato libero di camminare con i suoi stivaletti su quasi tutti i sedili in velluto del convoglio e poco importa se poi nessuno passerà a pulirli e qualche incauto viaggiatore li utilizzerà per quello per cui sono preposti.

Per parte mia ho avuto la tentazione di intervenire sulla questione educazione-pulizia, ma poi ho lasciato perdere per quieto vivere, perché tanto a gente così le cose non si insegnano. Perché quella madre incapace di gestire suo figlio alla fine mi ha fatto pena, e mi ha fatto pena perfino quel bimbetto biondo in balia di una fessa totale.


Insomma mi sono arreso all'onda dell'imbecillità dilagante, dell'italianità (intesa come somma di comportamenti sciatti ed ineducati), di quel fare quotidiano lesivo della cosa comune, del senso civico e forse pure dell'intelligenza.

mercoledì 14 dicembre 2022

Nel frattempo a Bruxelles

Il denaro fa girare il mondo
Ne siamo sicuri entrambi...
Soldi soldi soldi soldi
Soldi soldi soldi soldi
Soldi soldi soldi…



Soldi soldi soldi
Deve essere divertente
Nel mondo dei ricchi
Soldi soldi soldi
Sempre soleggiato
Nel mondo dei ricchi

domenica 11 dicembre 2022

Ah, i tempi in cui le navi erano ancora di legno e gli uomini d'acciaio

In realtà durante la prima guerra mondiale le navi erano già in ferro, tuttavia mi è capitato di sentire i nonni sospirare i tempi passati come un'epoca migliore della presente, credo in virtù del fatto che erano giovani e stolti e non pativano le corbellerie che li avrebbero angustiati in vecchiaia.

Ma adesso la storia:

John Roderigo Dos Passos aveva 21 anni anni quando passò da Genova come volontario della Croce Rossa sul fronte italiano, nel dicembre del 1917. Mi sono imbattuto in un suo scritto ed ho trovato divertente ripercorrerne alcune parti con le immagini. Le città secolari mutano in fretta ma è stato facile ritrovare le suggestioni che deve aver vissuto. Questa descrizione della città, che poi sarà rielaborata nel romanzo ‘Millenovecentodiciannove’, è presa dal suo diario.
“Il convoglio si è diretto a nord alle porte di Genova e si è fermato in un villaggio freddo e terribile – Pontedesimo [così nel testo]. Quella notte sono fuggito con un altro tizio e sono andato a Genova in auto. La capatina a Genova quella notte è una delle cose più affascinanti che io abbia mai fatto. Bruciava nel porto una petroliera che illuminava le cime delle torri e le ampie facciate dei palazzi sulla cittadella di un bagliore rosa perlato. Le strade buie vicino al porto erano il Medioevo in tutto e per tutto fatto visibile, pieno di templi, giuramenti, fischi molto significativi, donne che si sporgevano seducenti da alti balconi, e passi che si perdevano in improvvise svolte buie. C’erano marinai ubriachi che sbraitavano canzoni scurrili in ogni sorta di lingua, inseguendo donne selvagge dai capelli trasandati.
Abbiamo trovato un caffè in cui l’orchestra suonava un Offenbach meravigliosamente rumoroso, dove abbiamo bevuto dello Strega e mangiato granite. Poi abbiamo vagato qua e là sui lisci pavimenti di mosaico delle strade principali della città, che sono molto ampie e bordate da sontuosi colonnati.
Siamo rimasti per un po’ a guardare i due leoni di marmo davanti alla Cattedrale e poi siamo venuti via lungo i vicoli del porto ora bui sinistri, girando attorno al punto dove si trova il grande faro a base quadrata.
Lì ci fu offerta l’ultima vista della città – scuri monti plasmati che reggevano pozze di luci, come sassi nelle palme delle mani di un nero, mentre la baia luccicava ancora per il petrolio bruciante della nave”.

Nell'ultima foto la Haven, la petroliera affondata l'11 aprile del 1991 ad Arenzano, non è quella vista da Dos Passos ma rende bene l'idea.

giovedì 8 dicembre 2022

Senza soldi non si cantano messe

Una delle particolarità del centro storico di Genova è il poco spazio a disposizione, che costringe ad una convivenza spesso fastidiosa, una stretta prossimità tra sacro e profano, residenze e botteghe, laboratori e spazi pubblici, prostitute e negozianti. In questo intrico è facile trovare angoli caratteristici, come il terrazzo della Benny, affacciato sul chiostro della chiesa più antica della città. Si narra infatti che fu proprio su questa 'collina' oggi inghiottita dall'urbanizzazione medioevale, che nacque la Genova preromana con la costruzione di un tempio. 

Ma per non farla troppo lunga...

lunedì 5 dicembre 2022

Nebbia cognitiva, roba che manco a Londra si era vista così fitta

Viandante sul mare di nebbia
 1818

I quadri di Caspard David Friedrich, pittore romantico tedesco sono tutti molto evocativi, ma questo è il più adatto al post, ed è anche uno tra quelli più conosciuti. Ma passiamo alla vera questione: la nebbia cognitiva. Ecco finalmente ho trovato il nome per un fenomeno che sto osservando da tempo (e non sono l'unico) ed a cui avevo dato altre definizioni tipo: il buio nella mente, (*)abelinou, cervelli stitici, imbecilli cronici, analfabeti funzionali.

Personalmente non credo sia una dinamica dovuta solo al Covid, sono più propenso a pensare che sia un mix di cause, insomma imbecilli a diversi gradi. Credo questo perché se fosse solo il Covid la causa di tanto danno alle menti delle persone, sarebbe davvero una tragedia irrimediabile e definitiva, e tendo ad essere ottimista.

Inutile dire che mi sono chiesto se pure io potrei essere vittima della nebbia cognitiva, oppure la guardo come l'amico del ritratto, reputandomene immune. Non ho trovato risposta.
Insomma ho avuto i sintomi del Covid, non certo da terapia intensiva, ma febbre e tosse ci sono stati. Potrei essere un nebbiacognitivista
Io mi sento sempre stupido uguale, ma per verificarlo ho provato a fare qualche test on line per valutare il Q.I. Ne ho fatti tre ed hanno tutti dato risultati diversi. Quindi niente!

Poi ho fatto un giro in centro, negozi, mercati, bar, centri commerciali... e sorpresa!!! c'è pieno di coglioni, ma quelli c'erano anche prima del Covid. Poi mi sono anche detto: e perché dovrei preoccuparmi se questa gente è stupida? cazzi loro! anzi sarà più facile imbrogliarla, farla votare come si vuole, vendergli quello di cui non hanno bisogno. Insomma questa nebbia cognitiva potrebbe essere molto utile, ma finirà anche per sommergere gli scampati? e quali danni potrà procurare alla collettività? Provate voi a guidare in un ingorgo di stupidi, relazionarvi con dipendenti pubblici stupidi, insegnare a studenti nebbiacongitivisti, oppure spiegare ai dipendenti abelinati come svolgere un lavoro, vivere accanto a condomini imbecilli. Ecco poi mi direte.

Poi c'è la questione della nebbia di Londra, quella storica, che oramai è più una curiosità che un'emergenza, ma quanti londinesi sono diventati stupidi per colpa sua?

Esattamente 70 anni fa, nel dicembre del 1952, Londra fu colpita dal più grande evento di inquinamento atmosferico della storia del Regno Unito. 
"Grande Smog" è il nome che è stato dato alla fitta coltre di nebbia densa e tossica che tra il 5 e il 9 dicembre 1952 coprì la città di Londra, causando la morte di 12mila persone.


(*) Abelinou = Dialettale - Soggetto rincoglionito, stupido. Un abelinato, non si può spiegare con altro significato più azzeccato.