venerdì 27 gennaio 2023
Italiani brava gente? ma manco per il cazzo
martedì 24 gennaio 2023
Se non avete pane, mangiate brioches
sabato 21 gennaio 2023
Le avventure di un genovese in Giappone
Un capitolo a parte meriterebbero le stampe giapponesi, che per la loro fragilità escono dai depositi solo in occasione di eventi particolari. La leggenda vuole che la ricca raccolta iniziò per puro caso, quando per imballare le porcellane per il trasporto a Genova, non si trovò di meglio.
martedì 17 gennaio 2023
Pensavo andasse tutto bene! è proprio questo l'inganno della borghesia
Il Pelato della stanza 28 è entrato in azienda grazie al padre, amico del Rettore e di altri personaggi influenti, utilizzando un bando di concorso accortamente 'pubblicizzato' con tempi stretti e nei giusti canali per tener fuori il più alto numero di aspiranti, condito con requisiti tali da essere quasi confezionato su misura per le competenze del Pelato. Aveva funzionato, e perfino la commissione farlocca intervenuta per quella farsa ci aveva creduto, era davvero il candidato ideale. Poi era uscita la graduatoria, tutto nel rispetto delle regole s'intende, e nessuno ebbe da ridire, ma anzi sin dai primi giorni di lavoro iniziò una sorta di ossequioso rispetto; aveva il cognome giusto nel posto giusto. Era una di quelle assunzioni 'finché morte non vi separi'.
Brichetto, della stanza 34, invece aveva la raccomandazione di un politico del momento, ed era stato il primo della sua generazione ad ottenere un contratto a tempo indeterminato, dopo un ridicolo periodo di prova. Ed era così che funzionava, il raccomandante più influente piazzava meglio il suo protetto. Per rischiare il licenziamento bisogna almeno uccidere l'amministratore delegato. E per salire di grado basta l'anzianità di servizio.
In questa sorta di lotteria del posto fisso, io, Abe e LaSte eravamo in tremendo ritardo e assolutamente impreparati all'ambiente che ci avrebbe accolto. Approdai alla stanza 34, l'ultima del terzo piano, dove mi attendeva una scrivania senza telefono, un pc degno di un museo, il resto era talmente antiquato che quasi faceva il giro e diventava design vintage. Abe alla 28, secondo piano, corridoio dopo l'ascensore, stanza 8 non se la passava meglio. Ero indietro di almeno due anni a leccare culi di dirigenti rispetto a tutti i miei colleghi di stanza, inoltre non avevamo nemmeno i cognomi giusti, quindi non potevamo competere e questo li faceva star tranquilli, così diventammo simpatici. Non eravamo pericolosi. Quanto a LaSte era donna, ed alla prima gravidanza sarebbe stata lasciata a casa, come l'ultimo anello della catena alimentare. Tuttavia eravamo ottimisti, e lucidavamo i rinnovi dei nostri contratti con la convinzione che prima o poi qualcuno si sarebbe accorto della nostra capacità.
Che ingenui!
Quanto a leccare culi Abe ci provava con alterne fortune, esibiva un giacca-cravatta d'ordinanza e mai si sarebbe sognato di arrivare vestito differentemente. Io non ero capace, semmai all'opposto, avevo lo spiccato senso del rompicoglioni, un po' come a scuola, diligente ma indisciplinato. Ero il classico saputello da cose fatte nel rispetto della normativa vigente, e più passava il tempo, più ero certo della mia impressione, e cioè che fossimo (tutti) in una specie di serraglio, in cui solo i fedelissimi potevano ambire alla prigionia perpetua, con i privilegi che essa avrebbe comportato: buoni pasto, orario flessibile, auto aziendale, posteggio, permessi pagati, quattordicesima, premi di produzione. Ma comunque immersi nella mediocrità di una dirigenza impegnata a fare altro.
Il Pelato non sa fare il suo lavoro, o forse non ne ha voglia, questo non si è mai capito. In ogni caso lo svolge con neghittosa imperizia e così la maggior parte dei suoi sottoposti, impegnati a sistemare rogne, fanno e rifanno quello per cui lui è pagato, ma non devono dare nell'occhio. Poi per giustificare l'assegnazione del premio di produzione, arrivano i cavalli da corsa, cosa che permette di spendere qualche euro in campo sociale, grazie agli accordi con la cooperativa che fornisce il personale.
Per sopravvivere ho le mie tattiche, circolo sempre con una cartellina in mano, e la penna nell'altra, è una ammuina utilissima in caso incontrassi qualche dirigente. Dentro tengo fogli, fotocopie, fatture e qualcosa da portare al trituratore di documenti. LaSte quando vuole andare in bagno a piangere invece si trascina dietro un faldone da portare in archivio, cosa che le permette un margine di 10/15 minuti di assenza durante i quali si sfoga, consuma mentine e ritocca il mascara.
Abe invece nulla, non ha malizie se non dire che esce per andare in bagno, ed io non gli dirò mai che la cartellina che ho con me è finta e quando gli dico: scendo in sala fotocopie - in realtà svolto in portineria a ritirare la posta e farmi un caffè con Riccardo il portinaio.
Quando ho capito che non sono nel posto giusto? il giorno in cui il capo settore mi ha ripreso perché vado a pranzo con la segretaria, tra le 12 e le 13. La considero una collega e siccome pranza sempre da sola, o con qualche stagista ho pensato di farle compagnia, inoltre si fanno discorsi decisamente più interessanti. Ma c'era una regola non scritta, le segretarie, uscieri, stagisti pranzano alle 12. Impiegati, quadri e dirigenti, alle 13. Amministratori delegati, ospiti illustri, vice e presidenti a vario titolo alle 14. La distinzione è piramidale e le caste rigidamente compartimentate.
A me la cosa ha dato parecchio fastidio, principalmente perché qualcuno mi stava dicendo come comportarmi fuori dall'orario di lavoro, e lo diceva con un tono che mi è piaciuto poco. Così ora vado a pranzo solo con Abe e LaSte, alle 12e40, in un baretto fuorimano frequentato da pochi turisti e dal personale di un albergo. Questo ha messo tutti calmi, ci danno degli snob, ma poco importa, noi ci sentiamo come la Svizzera, neutrali.
venerdì 13 gennaio 2023
Gennaio mette ai monti la parrucca
domenica 8 gennaio 2023
La storia non deve essere una trappola
martedì 3 gennaio 2023
Avere ciò che c'è di più bello in Italia
Questo era il compito assegnato da Luigi XIV al suo ministro del commercio, quel geniaccio di Jean-Baptiste Colbert.
I reali francesi lo avevano capito da tempo, le corti italiane, ad iniziare da quella papale, non solo sguazzavano nel lusso e nel bel vivere, ma avevano anche a disposizione enormi quantità di opere d'arte di primissima qualità, principalmente opere greche e romane che avevano ispirato gli artisti rinascimentali. Tutto questo non era accaduto oltralpe, dove imperversava lo stile dei barbari, alias dei goti, il gotico appunto. Ma poi arrivò Luigi XIV e nacque Versailles.
Questo ghiotto primato tutto italiano, era invidiato e lo è stato per lungo tempo, al punto che per i grandi regimi stranieri era comoda la frammentazione e l'instabilità politica della penisola, cosa che permetteva di acquistare o trafugare la qualsiasi (Napoleone insegna) con poche o nulle conseguenze legali e militari.
Tutto questo spiegone lo faccio solo per raccontarvi il felicissimo abbrivio preso dai due musei nazionali cittadini, per i quali si potrebbe (forse impropriamente) parlare di visione colbertiana della gestione museale.
Quando si dice che i musei da semplici scatole-contenitori di opere d'arte possono diventare veri e propri centri culturali, capaci non solo di fare ottima divulgazione artistica, ma anche di diventare volano dell'economia locale e stimolo culturale per le future generazioni; ecco...
domenica 1 gennaio 2023
Anche Dio ha il suo inferno: è il suo amore per gli uomini (*)
• 44 settimane e 3 giorni.