lunedì 28 novembre 2022

Se hai già commesso un peccato il successivo è più facile

Questo diceva Aristotele, elucubrando sugli 'abiti' del male, che quando indossati con frequenza distruggono la crescita interiore. Per dirla fuor di metafora, se hai già commesso un abuso edilizio, il successivo è più facile, soprattutto se l'Amministrazione locale ha dei politici conniventi.

In buona sintesi è questo che si può tranquillamente dire della faccenda Ischia, a cominciare dal terremoto del 2017 sino al disastro di ieri, ma volendo raspare più indietro, molto indietro, già dal 1883.
Una sorta di unicum in cui è difficile trovare una soluzione di continuità, se non la scelleratezza e l'ostinazione, o forse anche così si ritrova una certa predisposizione all'illegalità.

Ora la faccenda è sempre la stessa, e pure le frasi di rito, ve ne segno qualcuna giusto per far capire:

- ora pensiamo all'emergenza e poi si cercheranno gli eventuali colpevoli
- ci sono dei morti sarebbe cinico affrontare certi argomenti adesso
- la procura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ???
- era una tragedia annunciata
- i soccorsi sono arrivati tempestivamente / con ritardo
- tutta l'area verrà evacuata
- la zona sarà messa in sicurezza
- ci vogliono leggi speciali / finanziamenti / stato di emergenza
- la maledizione di Casamicciola

A tutto questo verrebbe solo da rispondere con le considerazioni di Antonello Caporale, giornalista de Il Fatto Quotidiano.
Ed il punto è sempre lo stesso, uno Stato che si trova ad intervenire, con tutti i costi del caso a carico delle casse pubbliche, per risolvere emergenze create dagli stessi abitanti, ed in seguito dovrà pure finanziare ricostruzioni o demolizioni di opere abusive, sempre a carico delle casse pubbliche. Proseguendo ad alimentare un consolidato sistema mafioso.

Per parte mia attivo la memoria selettiva e mi voglio ricordare Ischia solo per la sua parte aragonese, ben costruita ed immobile nel tempo e nello spazio, perché in passato saranno stati anche meno evoluti rispetto ad oggi, ma non erano così imbecilli da costruire case sul fango.

venerdì 25 novembre 2022

Genova 🏰 caccia alla città inesistente - da Petrarca a Montale

Era il 12 ottobre del 1896 quando in un bel palazzo della città borghese, nasceva Eugenio Montale; vivrà gli anni della sua giovinezza tra Genova e la Riviera di Levante, soggiorno che sarà fondamentale per la sua formazione letteraria assieme alle letture dei classici ed ai contatti con scrittori del suo tempo. Di quel periodo scriverà:

«Quando io venni al mondo Genova era una delle più belle e tipiche città italiane. Aveva un centro storico ben conservato e tale da conferirle un posto di privilegio tra le villes d’art del mondo; una circonvallazione più moderna dalla quale il mare dei tetti grigi d’ardesia lasciava allo scoperto incomparabili giardini pensili; e a partire dalla regale via del centro, una ragnatela di caruggi che giungeva fino al porto».

Da "Genova nei ricordi di un esule" 1968

Ora c'è da dire che quella Genova, quella bella e tipica, non esiste più, dopo cento anni di pesante industrializzazione, bombardamenti e demolizioni, cementificazione edilizia dissennata, quello che rimane della Genova di Montale è giusto una sinopia nemmeno tanto ben conservata. Mi preme dirlo perché sempre più spesso scorgo nelle bacheche dei tour operator preoccupanti resurrezioni di un passato immaginato o totalmente scomparso, che dovrebbe ingolosire il turista a girare la città per scoprirne i suoi segreti secolari, angoli romantici e unici.

Quanto al fatto che poi ciò possa essere causa di delusione non è importante, il turismo di massa si bea di ciò che trova e la cognizione del tempo è un dettaglio trascurabile, per cui per esempio, se viene affermato che nel 1358 Petrarca vedendo Genova scrisse:


„Vedrai una città regale, addossata a una collina alpestre, superba per gli uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare.“




Ci si aspetta di trovarla lì, identica e ben impolverata dai secoli, con uomini superbi, come uscisse dalla macchina del tempo, quindi basta un capitello, un concio o un ciottolo consunto per rivedere esattamente la città regale che infuocò l'immaginazione del poeta. Poco importa se la collina alpestre è diventata il più popoloso quartiere cittadino, la città regale è un capoluogo in decadenza di uno Stato in bancarotta, i nordafricani sono le controfigure dei genovesi medioevali e quanto alla Signora del Mare ecco... non esiste più nemmeno l'arsenale in cui venivano costruite le navi.

Anche con la copia di Cristofaro Grassi, conservata al Museo Navale di Pegli le cose non vanno meglio, è sicuramente quello che si poteva vedere nel 1597, perché il dipinto servì ai Padri del Comune per mostrare le costose modifiche portuali appena realizzate. Ma il pittore usò come modello un dipinto del 1481. Nel dipingerla aggiornò anche le navi presenti, galeoni al posto delle vecchie galee a remi.
Questa è ancora una Genova vera ma ampiamente scomparsa, certo si riconoscono alcuni monumenti, ma è un po' come dipingere una copia esatta della Venere del Botticelli inserendo una Maserati Ghibli Modena al posto della conchiglia. Insomma dipingere una città come Genova è come fotografare un'auto in corsa. Si potrebbe dire che l'unico fortunato in merito sia stato Canaletto con le sue vedute di Venezia del XVIII secolo.

Quindi cosa sarebbe meglio? io preferirei visitare Genova per com'è oggi, le fughe all'indietro nel tempo rischiano solo di farci percepire il presente come qualcosa di immutabile, accettabile anche quando non dovrebbe esserlo, sempre che un meglio lo si possa ancora auspicare e realizzare.
Personalmente non sono ottimista circa il recupero della bellezza passata, sono equilibri costruiti in centinaia di anni e oggi non ne siamo più capaci, ne economicamente ne culturalmente.

E la cosa preoccupante è che non è solo il tour operator ad elargire queste caramelle al turista della domenica, per invogliarlo a scoprire un'inesistente città fastosa, ma ci si mette pure una certa politica, che ha intrapreso questa ricerca onirica di un passato da resuscitare solo per accaparrarsi i voti dei creduloni.
E ci riesce pure.

sabato 19 novembre 2022

Non è la misura ma come si usa

Ed in fatto di dimensioni, il patrimonio artistico italiano è uno dei maggiori al mondo, anche se viene usato malissimo.

Ecco la questione: lo chiamano il MANN, acronimo di Museo Archeologico Nazionale di Napoli, presentato quasi ovunque come struttura imponente nell’architettura e nelle collezioni, ben 12.650 m² di superficie espositiva; il museo è protagonista della vita culturale in città, e non solo, anche di quella criminale a quanto pare. 
Ma andiamo con ordine...
Il museo è una tappa fondamentale per vivere un viaggio iniziatico nel mondo dell’antichità classica. Ed in effetti dove se non lì, al MANN, è possibile visitare ciò che resta degli immensi ritrovamenti fatti a Pompei ed Ercolano?

Lo avevo visitato nel 2006, anno in cui passai alcune settimane a Napoli, visitando Pompei ed Ercolano e naturalmente il MANN, una sorta di tappa obbligata per comprendere al meglio l'arte della Roma Imperiale. Posso dire con certezza che se non avete mai sofferto della sindrome di Stendhal questa è una delle occasioni migliori per farlo. Tuttavia non avevo avuto l'impressione di essere il testimone di uno dei tanti casi di sciatteria italiana, tolta la valutazione del tremendo degrado in cui versavano gli scavi archeologici e dell'incuria generale e cronica di una Napoli sommersa da un'enormità di altri problemi. Il MANN era ed è la punta di un immenso iceberg di reperti e testimonianze uniche al mondo.

Dico ciò che resta non a caso, non solo perché l'eruzione del Vesuvio ha cancellato preziose testimonianze delle città, ma perché il meglio è stato scavato clandestinamente e venduto a privati che nemmeno si sognerebbero di esporre queste meraviglie al pubblico; e poi c'è la questione dei furti.
Il primo di cui ho notizia certa è lo spoglio sistematico fatto ad opera dei nazisti prima e degli alleati poi, durante il periodo bellico; l'Italia è sempre stato un immenso DutyFree dell'arte. Probabilmente prima c'era passato anche Napoleone e i Savoia, ma non voglio andare troppo indietro nel tempo a scovare ladronerie.

Dopo il 1947 non è ben chiaro quanto sia stato realmente restituito dopo il faticoso recupero delle opere più pregiate e preziose che, portate in tempo a Roma in Vaticano, furono purtroppo per alcune casse, depredate dai tedeschi e trasportate a Berlino. Tutta roba non catalogata che in tempo di guerra è stata oggetto di un piglia piglia con certificazione di non restituzione. A metterci una pezza era stato Amedeo Maiuri, uno dei molti impavidi soprintendenti che, a volte anche a rischio della propria vita, salvarono dai saccheggi molte delle opere d'arte che oggi possiamo ammirare nei nostri musei.

Nonostante questo il MANN è ancora considerato uno dei più importanti musei archeologici al mondo, se non il più importante per quanto riguarda l'arte romana, e si stima [si stima - nemmeno lo sanno con certezza - n.d.r.] che i pezzi in deposito siano in quantità tre volte superiore rispetto a quelli esposti. La famosa punta dell'iceberg a cui accennavo.

Una cosa che mi ha colpito visitando il sito del museo è stato un avviso ben in evidenza nella sezione - orari di visita: 

Improvvisi problemi tecnici possono causare la chiusura di alcune sale senza preavviso

Improvvisi e senza preavviso, ancora una volta un lessico di [presunta] emergenza viene usato per giustificare qualcosa che ha invece l'aria di essere cronico e ricorrente. Ma lo sappiamo bene, la fatalità reale o presunta, serve per scongiurare ogni rimostranza o lamentela. Chissà se anche sul sito degli Uffizzi dopo l'appello-denuncia (notizia del 22 agosto) di Schmidt, il direttore del museo, circa la carenza di personale, comparirà una scritta simile. 
Resta da capire il nesso tra il problema tecnico e la mancanza di personale, ma rispetto ad altri problemi assai più rilevanti che affliggono i musei italiani e il MANN in particolare, direi che sia un dettaglio trascurabile; quindi passino le condizioni di conservazione non ottimali, la sporcizia, l'assenza di sorveglianza, i cessi in stato di abbandono, le indicazioni delle sale inesistenti. Tutte faccende archiviabili alla voce: gestione italiana del patrimonio - livello: io speriamo che me la cavo.

Quello che invece mi premeva rilevare è come dopo cinquant'anni dalle predazioni naziste, i reperti del MANN siano ancora in pericolo, e questa volta non per mano straniera, ma per opera di coloro che, pagati dallo Stato per sorvegliare una ricchezza per cui altri avevano rischiato la pelle, hanno deciso di disporne a proprio vantaggio. Questo nel più totale disinteresse dei conservatori e dei soprintendenti, insomma come mettere una volpe a guardia di un pollaio.

E' il 1994 ma l'articolo parla chiaro...

 In cinque anni sono sparite settemila monete, una trentina di statue, quaranta vasi e nessuno se n' è accorto. Nei sottoscala del museo Archeologico Nazionale di Napoli, la più prestigiosa raccolta di antichità greco-romane del mondo, i tesori dell'arte classica erano a portata di ladro: non inventariati, non protetti, lasciati alla mercé di custodi non proprio scrupolosi.

Ed a stupirmi è pure il titolo che il giornalista ha scelto per segnalare la faccenda:
troppi furti in museo - TROPPI capite? come se pochi sarebbero andati bene, non ha titolato: 
- furti all'archeologico di Napoli - ma troppi furti.

Anche questi sono dettagli che fanno riflettere su come la gestione allegra dell'arte italiana sia nelle mani di perfetti incompetenti, certo non tutti, ma come è risaputo basta una sola mela marcia a far puzzare tutto un cesto.

Raccapricciante? fate voi! Solo sapendo questo dettaglio quando sento parlare Franceschini sui progressi negli scavi di Pompei mi viene da ridere.

Qui concludo con la certezza che ci sono e ci saranno sempre, nei vari musei-biblioteche-pinacoteche soggette all'italico giogo, furti, saccheggi e furtarelli, basta non esagerare, insomma rubate poco, rubate il giusto, basta con i TROPPI furti, corrompete, sostituite, non archiviate, nascondete nel sottoscala accanto al secchio e allo spazzolone, saccheggiate ma con misura. Ovunque si riesca ad indagare ne esce una, un fenomeno che non conosce tregua e prosegue indisturbato; perché? semplice, l'immunità è comunque garantita, e poi ci sono le chiese e tutto il patrimonio ecclesiastico e privato da depredare, e lì si può andare anche con mano pesante.


Esempi in merito se ne potrebbero fare moltissimi, dalla Biblioteca dei Gerolamini, alla Villa di Luchino Visconti a Ischia, agli scheletri nell'armadio scoperti da buonanima Federico Zeri a Messina.
Insomma trippa per gatti ne abbiamo ancora molta, utile per una malavita organizzatissima, tutta nostrana, che può operare con rischi minimi.

Verrebbe quasi da sfoderare quell''orgoglio italiano che tanto ci piace lucidare per qualsiasi occasione, questa volta davvero tutto verace. Ma in fondo non è forse meglio così? Piuttosto che consegnare opere inestimabili all'oblio ed al degrado, meglio se le goda chi è capace di apprezzarle.

martedì 15 novembre 2022

Quarantatrè - il numero maledetto

Questa storia inizia mercoledì 16 luglio del 1947, siamo ad Albenga ed un traghetto che trasporta degli orfani di guerra, durante una gita in mare entra in collisione con un palo della rete fognaria, la nave affonda rapidamente e perdono la vita 43 bambini. Le inchieste sulla tragedia non porteranno all'individuazione di alcun colpevole, ma tutta l'Italia rimane molto scossa dalla notizia.

Siamo a Genova, è mercoledì 7 ottobre del 1970 e un violento nubifragio si abbatte sulla città, i fiumi esondano ed il centro finisce sott'acqua. Un disastro naturale? Così sembrerebbe, ma negli anni a seguire sarà sempre più evidente come l'urbanizzazione indiscriminata associata ad altre opere inadeguate siano state la causa del disastro. Oltre ai danni si conteranno 43 vittime, per un problema destinato a ripetersi nel tempo.

Molti anni dopo, precisamente martedì 14 agosto del 2018, un forte temporale colpisce la città, sull'autostrada A10 cede una pila di sostegno del ponte sul Polcevera; crollo che porterà con se auto e furgoni causando la morte di 43 persone.
L'inchiesta in corso individuerà nella mancata manutenzione le cause del cedimento.

giovedì 10 novembre 2022

Dimmi come lo fai e ti dirò chi sei

Siamo improvvisamente tornati nel '700?
Siamo ad un ballo in maschera?
In un film in costume?
No, nulla di tutto questo, siamo al banchetto in onore della visita di Stato di Mattarella in Olanda.

A quanto pare finita la parentesi Covid, siamo tornati alle frivolezze diplomatiche, epoca austera ma non scevra da queste ricadute da ancien regime. Ed a quanto pare l'eccentricità era d'obbligo, un po' per tutti.
Tuttavia un cameriere in livrea mi sembra eccessivo. Non bastava una normale divisa?

Ancora una volta il potere esibisce le sue stravaganze.

domenica 6 novembre 2022

GattaLuna e il treno

In questo periodo io e GattaLuna passiamo molto tempo assieme. Il giardino autunnale non porta molto lavoro così le dedico qualche attenzione speciale, principalmente una spazzolatura accurata per toglierle dal pelo le spighette dell'erba, poi c'era da metterle l'antipulci, controllarle i denti e le orecchie e per farlo bisogna distrarla.

Gli scorsi anni, quando il giardino era infestato dai gatti selvatici, assolutamente ingestibili dal punto di vista interazione felino-umani, tutte queste operazioni dovevo farle al chiuso. La novità del momento è lo spiccato interesse per l'erba, masticata scegliendo con cura, e poi ci sono le mie distrazioni sonore... ♬♫♪ 

mercoledì 2 novembre 2022

Celebrare i defunti

- La morte non riguarda le persone che sono comunque morte, ma quelli che hanno la maledizione di rimanere senza di loro.

- E dopo che è passato abbastanza tempo, scopri che non sei più lo stesso.

L'elaborazione del lutto è cosa complessa, una faccenda personalissima che riserva sempre delle sorprese. Mentre chiacchiero percorrendo i bei viali di Staglieno, mi godo la compagnia di D. e il bel tempo di questo dolce novembre. Insomma momento malinconia, in cui mi racconta cose del suo vivere, ed io usanze ed aneddoti tramandati dai famigli, lei ascolta con bramosia ed interesse.

Non ho mai amato particolarmente le celebrazioni, ma quella dei defunti è forse l'unica a cui se ho voglia, mi dedico volentieri. Per quel senso di comune nostalgia che la permea, perché tutti abbiamo perduto una persona cara e forse nel pensiero della morte riusciamo pure ad essere meno stronzi del solito, oppure ci piace consolare gli altri semplicemente passeggiando in silenzio tra le tombe, magari con in testa il pensiero che è lì che si finisce, comunque, e quindi non serve a molto affannarsi, incazzarsi, recitare parti non nostre.


Poi qualcosa riemerge dal passato, rinverdisce ricordi assopiti e guardando una lapide D. sbotta:

- Eh sì, le casse da morto con le tasche non le fanno ancora.