martedì 15 febbraio 2022

Quando scrivere è meglio di un vaffanculo

Tra i vari luoghi comuni in cui spesso inciampo, quello del 'perdono' è uno dei punti più delicati. Chi perdona è nobile d'animo, perché il perdono è la cessazione del sentimento di risentimento nei confronti di un'altra persona; è quindi un gesto umanitario con cui, vincendo il rancore, si rinuncia a ogni vendetta. Per estensione, ha il valore d'indulgenza verso le debolezze altrui, oppure di commiserazione o di benevolenza.
Ma chi dice che il perdono è qualcosa di garantito? 
La Fallaci scrisse questa lettera al collega giornalista Jacoviello in risposta alle sue scuse per averla offesa.
La trovo illuminante.

Caro Jacoviello,
chiedere scusa, come tu hai fatto, quando si ha torto, è sempre nobile. E non molti ne sono capaci, non molti ne hanno il coraggio. Però devo dirti ciò che dirò e, se non lo facessi, mentirei non solo a te ma a me stessa.
Io non so perdonare. Né perdonare né dimenticare. È uno dei miei più grandi limiti forse, e il più lugubre. E meno che mai so perdonare quando una ferita mi è stata inferta da persone dalle quali mi aspettavo affetto, tenerezza, o sulle quali mi facevo illusioni positive. Ciò non significa, naturalmente, ch'io dichiari guerra o resti in guerra con coloro che mi hanno ferito, offeso. Significa che quelle persone le liquido. Le cancello dai miei pensieri, dalla mia vita. Se le incontro per strada le saluto, in alcuni casi ci scambio una parola, ma dentro di me è come se mi rivolgessi a un'ombra. Esse non esistono più.
In questi ultimi due anni, cioè da quando la morte e il dolore si sono abbattuti su di me indurendomi, ho liquidato più persone che in tutta la mia vita. Non v'è uomo o donna colpevole verso di me che non sia finito nella Siberia dei miei sentimenti.
Hai perfettamente ragione a chiudere la tua lettera dicendo che chi non sa perdonare condanna sé stesso alla solitudine. Però hai torto a ritenere che tale «condanna» sia per tutti insopportabile. E dimentichi il proverbio che dice: «Meglio soli che male accompagnati». Non sempre la solitudine è una prigione. A volte, per alcuni, è una conquista che difende da ulteriori ferite ed offese. Solo i deboli e i poveri di spirito hanno paura della solitudine e si annoiano a stare soli. Io non sono debole. Sono molto forte, e durissima ormai. Non sono neanche povera di spirito. Quindi non ho paura della solitudine.
Tutte le volte che ti ho visto mi hai raccontato antichi insulti scritti i pensati. E tutte le volte che ti ho visto è stato come ricevere una coltellata nel cuore. Mi ha colto una nausea che solo la mia capacità di controllo è riuscita a nascondere o a vestire con gli abiti dell'indignazione. È probabile che la tua coscienza si senta lavata dal fatto di avermi confessato quegli antichi insulti scritti o pensati. Ma io non credo che confessare un peccato equivalga a cancellare il peccato. Quel concetto cattolico, anzi cristiano, mi ha sempre inorridito. I peccati commessi restano peccati commessi e niente può cancellarli: né Dio, né il diavolo, né gli uomini, né una sfilata di pater e di ave-maria detti per penitenza. Ecco perché non riesco a perdonare. Non voglio.
Ciò è spietato? Sono tanto spietata con me stessa che non vedo perché dovrei essere dolce con gli altri. Il massimo ch'io possa consentirmi è rispondere in modo esteso a chi mi ha scritto in modo esteso. Spiegarmi a chi mi ha spiegato. Ed è molto. Tu sei l'unica persona fra le decine che ho liquidato, esiliato nella Siberia dei sentimenti, cui abbia detto no con una lettera e non col silenzio. Di solito oppongo un silenzio di pietra. Quello che seguirà a questa lettera.
E così farò, sempre, in tutte le circostanze della vita, con tutti coloro che tentano di impormi una prepotenza. E non cederò, mai. Mai. E guai a chi si permette o si è permesso o si permetterà di mettere in dubbio la mia onestà professionale e personale: che poi sono, ovvio, la medesima cosa.
Ora mi è più facile dirti addio.
Peccato. Ma addio.
Oriana Fallaci

13 commenti:

  1. C'è tutta e per intero la Fallaci in questa lettera: indole, lucidità, sintassi e spirito indomito. Esattamente le qualità che l'hanno resa invisa al mondo intellettuale e giornalistico italiano fatto da mediocri quaraquaquà. Oriana non è mai stata per le mezze misure, quando è arrivata verso la fine della vita, quando sei lì lo senti in modo inequivocabile, il suo atteggiamento si è rafforzato. E non poteva essere altrimenti. L'ho sempre stimata e ammirata pur non condividendo alcune sue idee; lei resta comunque che non è stata perdonata, hanno fatto di peggio, l'hanno cancellata dal panorama ideologico dei media ufficiali e anche da quello più ridotto dei social di tendenza. Del resto la tendenza di questi anni va in direzione opposta e contraria, è raro incontrare sui blog chi la cità a proposito come fai tu. E fai benissimo.

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    1. La Fallaci ha molte cose che mi piacciono, oltre ad una certa ruvidezza di carattere, penso risultato del suo vissuto. Chiaro non la prendo per intero, così come faccio per molti altri scrittori, vi sono cose che trovo illuminanti ed altre esecrabili. C'è tuttavia una continua argomentazione (oratoria se vogliamo) che trovo utile e che al contrario chi assume certe posizioni estreme non possiede e ciò rende insostenibili certe tesi. Credo anche che moltissimo del suo lavoro vada contestualizzato storicamente... cosa che oggi pochi sono capaci di fare.

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  2. il perdono, il volgere l'altra guancia è il pilastro che regge i bobboli latino-cristiani e genera in essi lo stile di vita che si rappresenta bene con la legge der Menga.
    NOI del partito degli under 70.000 abbiamo nel programma il referendum per essere annessi dalla germania e governati con le sue leggi cattoliche protestanti

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    1. Io non desidero affatto essere annesso ai crucchi e al protestantesimo. Sia chiaro.

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    2. ma siamo troppo poveri, la Germania non ci vuole... e poi come la mettiamo con la Vaticano spa? dillo ai tuoi 70k: serve un piano B!

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  3. Mi sa che in questo mi sento molto affine alla Fallaci.

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    1. di questa lettera la parte che trovo più convincente è - E meno che mai so perdonare quando una ferita mi è stata inferta da persone dalle quali mi aspettavo affetto, tenerezza, o sulle quali mi facevo illusioni positive.

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  4. Io sono una persona che perdona e che dimentica in linea di massima. Di recente però non sono andata a un funerale, anche se mi dicevano che dovevo andare, non ce l'ho fatta.

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    1. peccato, ma addio
      verrebbe da dire. Anche a me è capitato di mancare ad un ultimo saluto, ed ho trovato utile oltre a non farmene una colpa, estendere l'assenza a tutte le cerimonie in cui siano implicate persone a me sgradite.

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  5. ... sono sempre stato una persona rancorosa nei confronti di chi mi faceva ingiustizie, addirittura pronta ad attendere, a volte a lungo, per gustarmi la vendetta ...
    ... ultimamente ho cambiato prospettiva, attuo l'indifferenza e devo dire sto meglio con me stesso ...

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    1. A me accade l'esatto contrario, attuavo l'indifferenza, ma ho scoperto da poco che la vendetta è la miglior soddisfazione. Questo non vuol dire che vivo nel livore, anzi saper di potermi vendicare se ne capita occasione mi porta una serenità insperata altrimenti.

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  6. io sono dello scorpione, il segno zodiacale che non dimentica e non perdona.
    che poi, quelli che dicono di aver perdonato, chissà se dentro di loro l'hanno fatto davvero, o se pensano di averlo fatto.

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    1. infatti spesso ho il sospetto che sia un luogo comune o peggio uno stereotipo preso ed applicato a caso, perché alcune situazioni non accettano il perdono... anzi!

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