giovedì 12 ottobre 2023

Se Colombo stava bene a Genova mica scopriva l'America

Che poi nemmeno sappiamo bene se fosse davvero genovese, e persino la sua casa natale è avvolta dal mistero. E poi c'è la questione della decolonizzazione, che adesso, dopo 500 anni passa pure per stronzo, come se tutti i casini che hanno combinato i conquistadores nelle Americhe fossero merito suo. Ma questa è un'altra faccenda.

Invece questa statua, scolpita da Giulio Monteverde, rappresenta Colombo giovinetto, seduto su una bitta del porto di Genova, con in mano un libro, Il Milione, scritto da Marco Polo durante la reclusione nelle prigioni genovesi. Quella lettura servirà a far sognare il piccolo esploratore, e lo spronerà a cercare una via per raggiungere le Indie navigando verso ovest anziché verso est come aveva fatto Marco Polo.

La statua si trova nella residenza di un navigatore dell'ottocento, un eccentrico capitano che volle costruirsi un castello fintissimo in cui raccogliere tutti i souvenirs dei suoi viaggi attorno al mondo e nella loggia volle sistemare proprio Colombo, orientando lo sguardo della statua in direzione delle colonne d'Ercole. Si narra che anche il capitano come Colombo sognasse di scoprire un nuovo mondo, ma purtroppo per lui, alla fine dell'ottocento c'era ben poco da scoprire, così si accontentò di girovagare per i mari, assecondando comunque la sua passione per i viaggi. La sua più grande impresa la compì nel 1892, ripercorrendo la rotta di Colombo, seguendo esattamente il suo diario di bordo ed annotandone le verifiche; insomma una roba tipo 'avventure nel mondo'. Quando morì volle donare il suo castello alla città di Genova, affinché i genovesi potessero scoprire tutte le meraviglie che aveva raccolto e quindi crescere in cultura et intelletto. Così ancora oggi, a distanza di quasi cento anni da quella donazione, le esotiche collezioni del Capitano continuano a stupire i visitatori, per stravaganza e magnificenza, così come il suo castello che svetta fintissimo, su una città in continuo mutamento.

8 commenti:

  1. porello, magara lui ce se trovava pure bbene, però nun viveva mica de rendita, je toccava de lavorà pè campà

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  2. sono stato solo una volta a genova e non l'ho visitato.
    per restare un po' in tema: ricordo bene il "cannone" di paganini :)
    grazie del racconto.
    lieto giorno

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    1. anche la storia di quel violino è interessante

      ciao CannonePoe

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  3. I tuoi post mi fanno prendere atto che pur amando molto Genova, la conosco poco.

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    1. ci sono moltissime storie poco note e spesso concatenate tra loro

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  4. Certamente i riccastri non sono cosi' splendidi nello sfruttare altre persone. Tuttavia, molti di essi, specie nella Bellitalia che e' scrigno di bellezze realizzate da ricchi, aristocratici in passato, spesso con sacrifici e sangue di poracci, servi, proletari, etc., avevano un senso per la bellezza, un amore per virtu' et canoscenza. Essi lasciarono alle comunita' molte opere di valore che oggi abbelliscono le citta' oppure ci permettono di vivere bene (penso al conte Guglielmo Marconi che permise,col suo lavoro, questo nostro dialogo remoto in spazio e in tempo).
    Nella contemporaneita', cosa lasceremo alle generazioni a venire?
    Nella valle in cui abito, non esiste nulla, ripeto, nulla di bello/interessante/pregevole realizzato dal dopoguerra.
    Ecco, la collezione di orrori, ecomostri, brutture, devastazioni del territorio, della societa', e', invece, straripante.
    Lasceremo ai nostri nipoti le moschee al posto di Palazzo Te, a Mantova oppure i moduli da firmare con genitore1, genitore2 e genitore pigreco.

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    1. sono finiti i tempi dei magnati colti, e blandamente benefattori, uno di essi potrebbe essere Olivetti - oggi vige il profitto a qualsiasi costo

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