Saggezza di Paese, ovvero - nessuno fa niente per niente - neanche quelli del call centre che vi cercano per farvi risparmiare sulle bollette. Penso sempre a questa frase ogni volta che qualcuno mi viene a cercare per propormi un affare imperdibile.
E adesso la storia...
Nelle estati del miracolo economico, appena terminata la scuola, noi, inteso come io, i miei genitori, zii ed una serie imprecisata di cugini, ci trasferivamo nella casa al Paese. Il Paese si raggiungeva in auto, oppure con la corriera, e l'ultimo tratto si faceva a piedi, o sul cassone del furgoncino di Nevio, sino a quota 1035 mt s.l.m.; così recitava la targhetta che il C.A.I. aveva inchiodato sulla facciata della chiesa in cui soggiornava permanentemente la statua della Madonna della Guardia e a lato quella di S. Fermo, a cui la nostra dirimpettaia era particolarmente devota.
Oggi il Paese viene classificato come abbandonato e la cosa mi rattrista, perché non è proprio così, oppure mi sono distratto e l'oblio ha pigiato sull'acceleratore del tempo.
Un edificio articolato ed impegnativo da tener pulito, era tuttavia nella sua costituzione semplice, rustico volendo, poco adatto al soggiorno invernale per noi, rammolliti dagli agi cittadini, essenziale invece per gli anziani, che in esso trovavano una pace malinconica e rassicurante in ogni stagione. Corredi necessari una stalla con le galline, un fienile diroccato, un seccatoio convertito a deposito attrezzi, un grande orto, una serie di fasce incolte e il boschivo, utile per far legna, cercar funghi e procurarsi tutta una serie di materiali per ogni necessità e gioco.
La casa per noi piccoli era una sorta di regno di Narnia, con passaggi e botole, stanzini e nicchie in cui trascorrere le giornate di pioggia, inventando i giochi più fantasiosi. Le cugine frugavano nei bauli in cerca di cappellini e vecchi vestiti e noi finivamo nel fienile ad imitare Zio Paperone che si tuffa nelle monete d'oro.
In tutto questo 'i grandi' erano spesso occupati in varie faccende, le zie cucinavano, preparavano conserve di frutta e pomodoro, funghi e verdure sott'olio, seccavano erbe aromatiche, impastavano pani e focacce e cucivano vestiti e biancheria con la macchina a pedale invocando l'arrivo della lavatrice nuova. In contrapposizione altri aiutavano i vecchi nelle faccende agresti, sistemavano staccionate, verniciavano e rappezzavano serramenti oppure pendolavano in città per poi rientrare in tempo dal lavoro per godersi il pomeriggio all'ombra dell'uva americana. In serata c'era il torneo di pinnacola, quello di scopone scientifico e per noi piccoli una briscola o il tresette, oppure qualche chiacchiera nel vicoletto della casa di Sandro, dove c'era il telefono pubblico, il frigo dei gelati e il chinotto della Sanpellegrino. Questo mondo agreste possedeva una saggezza ruvida e concreta, tipica del montanaro ligure, spesso fastidiosa, ma così esatta da risultare indispensabile.
Quando qualcuno della famiglia mi chiede se ho nostalgia di quegli anni, se potrei tornare a viverci, oppure passarci le estati, istintivamente mi verrebbe da dire sì, ma poi a ben pensare... anche no! Sono bei ricordi, aneddoti e infanzia, ma è qualcosa di concluso, non c'è stato proseguimento, e la ripresa avrebbe troppo il gusto di un insano recupero del passato.
Così è molto utile credere che il Paese sia davvero abbandonato, come in realtà è una parte di esso, decimato dagli inverni e dall'incuria, con casali cadenti e ruderi, con gli orti incolti trasformati in roveti.
ecco perchè i caporioni accolgono i migranti: vogliono recuperare questi bei borghi antichi
RispondiEliminauna parte dei migranti è occupata ad aiutare la piccola criminalità organizzata, i restanti dubito abbiano voglia di alimentare un'economia di sussistenza, tuttavia il ritorno alla terra pare l'unica possibilità per sfuggire alla stretta della crisi
Eliminapensa che bei ricordi d'infanzia avranno domani i nostri nipoti...
RispondiEliminadella serie: un tempo queste rovine erano vostre....
Eliminasì, credo che ne avranno di cose da ricordare!
Sospinto dai ricordi di soavità agresti di quando ero piccolo, io ho fatto esattamente il contrario, sono fuggito dalla città e sono andato a vivere felicemente isolato (non ancora a sufficienza, per i miei gusti) al limite del bosco, in collina, a pochi minuti da una frazione.
RispondiEliminaÈ una delle ragioni portatrici di felicità.
Buondì
A me piacerebbe fuggire dalla città, per vari motivi, lo avevo già fatto in passato e non era stato affatto un ripiego, ma una scelta interessante e anche salutare. Lo rifarò, ma non lì, mi serve un luogo neutro, senza ricordi. Pulito.
Elimina... bel racconto, viverci per sempre non so, ma trascorrerci tempo per ritemprarmi sicuramente si ...
RispondiEliminaCi sono tornato alcuni anni fa per necessità, ma vedere l'abbandono e la rovina di case che ricordavo abitate ed integre è troppo. Serve, come dicevo, un posto nuovo.
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